Anoressia e bulimia : polarità opposte dei disturbi del comportamento alimentare, entrambe simboli di disagio psicologico e di autodistruttività, realtà attuali e sempre più diffuse.
La prima è caratterizzata dal rifiuto volontario del cibo, in una sorta di illusorio ed ossessivo tentativo di controllo del peso corporeo; la seconda dall’assunzione, rapida e frenetica quanto incontrollabile, di eccessive quantità di cibo.
Queste due manifestazioni sono molto più vicine l’una all’altra di quanto non si pensasse inizialmente, come testimoniano le forme patologiche complesse in cui anoressia e bulimia si susseguono e coesistono.
L’ anoressia, dal greco an (mancanza) – orexis (desiderio), si manifesta generalmente con la pubertà, quando il soggetto , nella maggior parte dei casi di sesso femminile, comincia a ridurre l’alimentazione con i pretesti più diversi, pur conservando energia ed affermando di “sentirsi bene”. Inizialmente ha l’impressione di poter dominare il proprio corpo, mentre il peso diminuisce e la fame viene tenuta sotto controllo.
Spesso l’attività mentale è eccellente e i risultati scolastici più che soddisfacenti: alla famiglia viene offerta un’immagine di vitalità e di riuscita che non preoccupa.
E’ solo in un secondo tempo, in presenza di un dimagrimento eccessivo e, talvolta, di amenorrea, che i genitori si allarmano.
Le cause che provocano l’anoressia sembrano essere di vario genere, da un evento traumatico ad un disagio di ordine familiare, ma sempre fanno riferimento ad un ideale di magrezza e di “incorporeità” che diviene imperante ed ossessivo.
Sempre più spesso purtroppo si offrono allo sguardo del grafologo scritture di soggetti anoressici : sono infatti in aumento casi di bambini, fra cui molti maschi, di preadolescenti, di giovani adulti e di neo-mamme che accusano questo disturbo, anche se il caso classico è quello della ragazza adolescente, che spesso è stata una bambina “modello”, e deve rispondere ad un’immagine idealizzata all’altezza delle aspettative della famiglia.
Nella bulimia , il cui significato di “fame da bue” riflette bene l’idea di funzione inferiore, di bisogno di saziarsi bestiale ed incontrollabile, l’ eccesso alimentare viene vissuto in solitudine, come un rito.
E’ preceduto da un senso di vuoto e di angoscia, e seguito da frustrazione profonda e colpevolizzazione, spesso anche da vomito autoindotto, in un doloroso conflitto tra la “forma” vagheggiata (magrezza = bellezza e seduttività) e il bisogno compulsivo di riempirsi di cibo.
Nelle patologie più gravi l’dea del cibo si trasforma in una vera e propria ossessione : la vita del soggetto bulimico ruota insistentemente attorno al pensiero fisso di mangiare, ingoiare, eliminare … il tutto di nascosto, vergognandosene, in un clima di depressione crescente.
Alcune forme più lievi, legate a passeggeri fenomeni d’ansia, come la bulimia dell’adolescenza, tendono invece a risolversi.
La terapia comportamentale cognitiva sembra dare buoni risultati per la bulimia, mentre la psicoterapia (familiare o individuale) si direbbe offrire migliore riuscita per la cura dell’anoressia.
Secondo le attuali statistiche la percentuale di guarigione da una anoressia mentale oscilla attorno al 30 – 50% dei casi.
Dal punto di vista dell’ interpretazione della scrittura è stata individuata una sindrome grafica che può rispondere, anche se a grandi linee, al quadro dei disturbi alimentari.
Nelle scritture di soggetti anoressici la forma predomina sul movimento, costruendo un aspetto statico, ipercontrollato (ostinazione, perseveranza e volontà sono necessarie per dominare la fame …), spesso infantile (l’anoressica non vuole “crescere”, né cambiare, né identificarsi in un corpo di adulta).
Quando il disturbo peggiora è visibile una regressione del grafismo, una sorta di ritorno all’infanzia, e possono comparire allora forme fetali (immaturità affettiva), addossamenti interletterali (tipico segno d’ansia), torsioni delle aste verticali (disagio diffuso), giustapposizioni, ossia mancanza di collegamenti tra lettere, che accentuano la difficoltà nel rapporto interpersonale.
In certi casi si notano ricercatezze estetizzanti che creano una scrittura-maschera, che nasconde e protegge la fragilità profonda di un Io perfezionista alla ricerca di un’immagine idealizzata.
Il tratto è nitido, ossia sottile ed incisivo (razionalizzazione, difesa dalla sensorialità, rifiuto di lasciarsi andare alle emozioni e di perdere il controllo).
La zona inferiore è spesso perturbata, accorciata o sacrificata: lo spazio grafico in cui si esprime l’inconscio con le sue pulsioni è bloccato, sofferente ed inespresso, mentre si evidenzia la zona media, ossia lo spazio dell’Io consapevole , a significare l’interesse predominante per se stessi ed il lato narcisistico della personalità, oltre alla avidità affettiva che è alla base di tutti i disturbi alimentari.
Caratteristica è poi la mancanza di “ritmo grafico”, una sorta di blocco della vitalità della scrittura che si presenta irrigidita, costretta, ripetitiva come in un rituale: il tempo è immobilizzato nel tentativo di non cambiare, di conservare un’ identità corporea quasi immateriale ed asessuata.
Le scritture di soggetti bulimici si presentano più grandi, talvolta con lettere maiuscole all’interno delle parole, o con forme esagerate, o spettacolari.
Il tratto si fa pastoso con pressione meno incisiva, spesso molle e rilasciata a causa della perdita di controllo: a questo proposito Willy Pasini ci dice che “Non di rado il bulimico mangia in uno stato di vigilanza attenuata, o semi-ipnotico, in cui la volontà e la capacità di controllo non sembrano più esistere. E si racconta di bulimici notturni che il mattino dopo non ricordano neppure di avere fatto razzia e svuotato il frigorifero.
Spesso la firma , espressione dell’Io sociale, è centrale e vistosa per un desiderio di valorizzazione compensatoria del senso di inferiorità e di frustrazione.
Dal punto di vista della grafologia planetaria gli indici maggiormente rappresentati sono quelli lunari, venusiani e gioviani, ma scarsamente evoluti, poco elaborati e mal gestiti.
Nei soggetti che associano ai disturbi alimentari la dipendenza da alcool o da farmaci non di rado compaiono imprecisioni, evanescenze e grandi bianchi di tipo nettuniano.
Le scritture presentate appartengono a soggetti femminili con patologie alimentari complesse e piuttosto gravi. Le prime due sono adolescenti anoressiche già ospedalizzate (16 e 17 anni); la terza è una donna di 32 anni che oscilla tra anoressia (46 kg.) e bulimia (68 kg.); la quarta e la quinta sono giovani donne sui 25 anni con forti crisi di bulimia nervosa.
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