” Ancora oggi si può vedere nella cattedrale di Pisa la lampada che accese la prima scintilla di luce in uno dei più grandi geni che siano mai vissuti.
In quel lontano giorno del 1581 qualcuno aveva tirato da parte la lampada per accenderla, e poi l’aveva lasciata oscillare liberamente dalla sua catena.
Silenziosamente la lampada oscillò sulla testa dei fedeli, in grandi archi di cerchio che divenivano man mano più piccoli. E , per osservarla, un ragazzo di diciassette anni tralasciò quel giorno di pregare ……”
Donald Curloss Peattie
Cominciò così il cammino di una nuova scienza : la meccanica.
E iniziarono gli esperimenti con pendoli di ogni genere da parte del giovane Galileo, che aveva intuito quel giorno “un frammento dell’Armonia dell’Universo”.
Quell’Universo che non avrebbe più smesso di osservare, misurare, indagare con curiosità e passione.
La scrittura di Galileo è fluida, rapida, vitale, e tuttavia sorprendentemente chiara e leggibile : troviamo gli indici di una mente lucida, aperta, immaginativa e razionale insieme, capace di folgorazioni geniali e di tenacia applicativa.
La continuità del tratto (segno detto “legata”) è caratteristica di un pensiero logico-deduttivo che concatena il fluire veloce delle idee e dà corpo alle intuizioni.
L’abilità dei collegamenti interletterali (segno detto “ricombinata” o “ingegnosa”) testimonia la capacità di trovare continuamente soluzioni innovative ed originali, ottimizzando il tempo, senza cadute di concentrazione e di energia.
“Dietro ogni problema c’è un’opportunità” pare amasse osservare il grande scienziato.
La caratteristica sopraelevazione dell’asta della “p” minuscola ( detta “riccio dell’indipendenza” ) crea un gesto-tipo che esprime l’esigenza di autonomia mentale, insieme alla consapevolezza del valore del proprio operato.
Lo spazio tra parole e tra lettere è variabile, ma, nella media, piuttosto ridotto.
In Grafologia l’intervallo lasciato tra una parola e l’altra corrisponde simbolicamente alla velocità delle reazioni, (dinamica ponderatezza-impulsività), mentre lo spazio tra una lettera e l’altra è la misura relazionale, l’adattamento all’altro (dinamica egocentrismo-disponibilità).
Riconosciamo qui, forse, quell’aspetto di minor controllo, quella reattività al limite dell’insofferenza, il “caratteraccio” caustico che causò a Galileo l’inimicizia di molti durante il suo lungo e controverso cammino di instancabile ricercatore.
La sobrietà costruttiva di alcune lettere (tra cui le bellissime maiuscole essenziali), che considerate isolatamente appaiono modernissime, colloca questo grafismo superiore “al di là” del tempo in cui è stato tracciato : ben si delinea lo spirito eclettico che spaziò dalla medicina alla fisica, dalla matematica pura agli studi umanistici e all’astrologia, dalla letteratura alla musica, dalla pittura all’architettura.
La vita di Galileo fu segnata dai limiti posti al suo genio dalla cultura imperante , che vide nelle sue innovazioni la minaccia alla stabilità di un sistema rigido e codificato: la visione geocentrica del sistema Tolemaico era infatti accettata dalla religione e dalla scienza dell’epoca da più di mille anni, e negarla corrispondeva ad una condanna per eresia.
Il Santo Uffizio proibì a Galileo di divulgare la teoria di Copernico, le cui rivoluzionarie scoperte astronomiche avrebbero stravolto la tradizione scientifica ufficiale.
La Sacra Congregazione dell’Indice vietò la diffusione della “falsa dottrina della mobilità della Terra e dell’immobilità del Sole, completamente contraria alla Divina Scrittura”.
Nel 1632 l’Inquisizione sottopose il grande studioso all’umiliazione di un processo in cui, sotto la minaccia della tortura, fu costretto a ritrattare l’adesione alla teoria eliocentrica dell’astronomo polacco.
Questo è il testo dell’abiura di Galileo :
“Io Galileo Galilei, in età di settanta anni, inginocchiato in presenza delle Vostre Eminenze, avendo davanti agli occhi e toccando colle proprie mani i Santi Evangeli, essendo giudicato sospetto d’eresia per aver sostenuto e creduto che il sole fosse il centro dell’universo ed immobile, e che la terra non fosse il centro e si movesse, abiuro, maledico e detesto i suddetti errori”.
Galileo visse da allora ritirato nella villa di Arcetri presso Firenze, dove morì nel 1642, e dove l’Inquisizione inviava di tanto in tanto un incaricato ad accertarsi che l’illustre vecchio si conservasse “umile e melanconico”.
E tale era realmente.
“Ho scorso l’elenco delle malattie e non vi ho trovato le preoccupazioni ed i tristi pensieri … è molto ingiusto.” scriveva quest’uomo che sempre aveva cercato conferme e non dogmi, e che ancora avrebbe trovato modo, negli ultimi anni della sua vita, in condizioni di isolamento e cecità, di abbracciare segretamente nei suoi studi quell’Universo di cui aveva colto, ragazzo, il moto, le leggi, la musica.
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